23 ottobre 2007




Mi trovo d’accordo con Maniero per quanto riguarda il fatto che buona parte di coloro che parlano del Web 2.0 non hanno la più vaga idea di che cosa si tratti.

Non mi trovo invece d’accordo nel ritenere che i cambiamenti strutturali e di relazione tra utenti e web, la multimedialità della rete, come epifenomeni della banda larga, o il ritenere che tutta la questione del user generated content si limiti alla possibilità di commentare gli interventi.

Viene ignorata tutta la questione della condivisione, della fruizione, della comprensione.

Un buon segnale che qualcosa é cambiato é anche dare un occhio alla frammentazione generazionale on-line. Vedere la difficoltà che coloro che hanno iniziato la loro esperienza con news-group e poi forum trovano nell’utilizzare il web2.0.

Ritengo che gli utenti probabilmente non sono più tali, quindi da un certo canto avrebbe ragione Maniero, chiamare utente un blogger, ad esempio, é qualcosa che non rende giustizia alla dialettica che si viene ad instaurare tra lui/lei e il web, viceversa e gli “utenti/fruitori/commentatori/condivisori”.

Ma come in ogni relazione le trasformazioni non avvengono in modo deterministico. Il cambiamento degli “utenti/(generatori? punti di interazione?)” nella relazione con il web (2.0? poco importa l’etichetta, o che essa sia stata registrata da qualcuno) é cambiata. Sono cambiati gli utenti ed é cambiato il web, ed il modo di rapportarsi al web.

Forse un buon punto di partenza per comprendere questo cambiamento sono i news group (dai quali derivano proprio i forum da Maniero citati come forma base spalmata sul resto della rete).

6 maggio 2007

Flow Theory

Flow é lo stato mentale in cui entrano le persone quando sono completamente assorbite in quello che stanno facendo, caratterizato dalla sensazione di una altissimo livello di concentrazione, un coinvolgimento completo e il successo nell'attività che si sta svolgendo.
Questo stato venne studiato e teorizzato da Mihaly Csikszentmihalyi (nessuna idea di come si pronunci), dai suoi studi emergono delle componenti chiave di questo stato:
  • Obbiettivi chiari - le aspettative e le regole sono discernibili e gli obbiettivi sono raggiungibili ed in linea con le capacità e le abilità di ognuno.
  • Concentrazione e focus, un alto grado di concetrazione in un campo di attenzione ristretto - qualcuno impegnato nell'attività deve avere l'opportunità di addentrarsi profondamente in essa.
  • Perdita di coscienza del se, fondendo azione e consapevolezza
  • Distorsione della percezione temporale - la precezione del tempo é alterata
  • Feedback immediato e diretto - i successi e i fallimenti nel corso dell'attività sono evidenti di modo che l'approccio può essere aggiustato a seconda del bisogno.
  • Equilibrio tra il livello di abilità e la sfida - l'attività non é ne troppo facile ne troppo difficile.
  • La sensazione di controllo sulla situazione o attività
  • L'attività é intrinsicamente gratificante, di modo che non ci sia la sensazione di fare fatica inutilmente.
  • Quando le persone sono nello stato di flow, diventano assorbite nella loro attività, la concentrazzione e la coscienza sono incanalate nell'attivtà stessa, fusione di azione e coscienza.
Queste componenti non devono realizzarsi contemporaneamente per essere in uno stato di flow, ne bastano alcune.

Questo stato si trova in una via di mezzo tra la noia e la frustrazione verso ciò che si sta facendo, é una zona di equilibrio. Questo equilibrio non é facile da trovare e men che meno da mantenere poiché la zona non stabile ma cambia dinamicamente; basta pensare al caso in cui mentre svolgo un attività divento man mano sempre più abile nella stessa e quindi se il livello di difficoltà non aumenta scivolerò nella noia.
Nonostante la difficoltà credo che ne valga la pena poiché il trovarsi in questa zona porta parecchi vantaggi, oltre ad essere generalmente divertente, ci consente di ottenere ottimi risultati in ciò di cui ci stiamo occupando, ad avere un approccio più creativo e flessibile.

Il flow ha molteplici applicazioni nello sport, nell'educazione, nel lavoro, ....

A presto quindi

2 maggio 2007

Reaction Stress

Quando si interagisce con qualcuno é come suonare uno strumento, a dipendenza delle note che vengono suonate, dall'interpretazione che viene data ad ognuna di esse, questo qualcuno reagirà in modi diversi. Ognuno reagisce in modo diverso ad ogni nota. Da notare che come noi suoniamo gli altri anche loro suonano noi.

Questo suonarsi a vicenda può essere fatto o in modo comunicativo, quindi atto all'intendersi, o non comunicativo nel quale una delle parti cerca di manipolare od influenzare l'altra.

Nell'area della non comunicatività si situano gli esperimenti di reaction stress, ovvero durante l'interazione il soggetto viene punzecchiato, manipolato ed in conclusione ad essa gli si rivela cio che gli é stato fatto.
Come reagirà? Si arrabbierà? Si sentirà umiliato? Acquisterà maggiore coscienza della propria influenzabilità?

Notare queste reazioni a cosa ci porta? Aumentare il nostro bagaglio di esperienze sociali quindi permetterci di comprendere meglio quando si interagisce?
Anche nel caso in cui noi stessi siamo oggetti dell'esperimento?

Credo che in entrambe le posizioni il nostro bagaglio di esperienze sociali aumenta, e che questo ci permetta di meglio comprendere come mai qualcuno ci sta parlando, lo fa perché vuole costruire qualcosa con me? O sopra di me? Quali sono i suoi obbiettivi, preconcetti, ideali.
Tutto questo é fondamentale per comprendere la relazione nella quale ci si avventura.